Nel 2018 è ancora difficile essere donne e lavorare senza discriminazioni
La storia delle sorelle Napoli si protrae da oltre dodici anni, ma solo negli ultimi mesi è saltata all'onore delle cronache, grazie all'interessamento di La7, di Massimo Giletti e Le Iene. Siamo a Mezzojuso, un paesino al confine con Corleone, considerato patria assoluta della mafia siciliana. Nel 2006 il padre delle sorelle Napoli muore, lasciando loro in eredità l'azienda agricola, attività con la quale ha mantenuto la famiglia per anni e cresciuto le sue tre bambine, ormai diventate donne. Irene, Gioacchina (Ina) e Anna, spinte dal desiderio di onorare ardentemente il lavoro a cui il padre ha dedicato la sua vita, decidono così di prendere in mano le redini dell'attività, colme di buona volontà e grandi speranze. Le sorelle Napoli sono tre donne forti, motivate, intelligenti, piene di idee e di entusiasmo. Hanno voglia di rimettere in sesto la loro azienda, farla fruttare, gestirla al meglio, rinnovarla, così da poterla rendere la loro fonte di reddito, di soddisfazione e di vita. In Italia, infatti, accade molto spesso che i figli ereditino le attività dei genitori e si impegnino nel business familiare con l’intenzione di incrementarlo e tramandarlo nel tempo, come nel caso delle sorelle Napoli. Purtroppo, ciò che rende la decisione di Irene, Ina e Anna, ancora più difficile e complicata è la mentalità di quel piccolo fazzoletto di terra fortemente influenzato dalla politica mafiosa, aggravato maggiormente dal fatto che sono tre donne. La società non perde tempo e le pone subito di fronte a questa realtà obsoleta, ingiusta e profondamente discriminatoria.
Iniziano i primi problemi: gli operai e i contadini si licenziano, i fornitori tentennano nel consegnare prodotti e macchinari, i clienti abituali tergiversano e rimandano le ordinazioni che fino a poco tempo prima erano regolari e puntuali. Col passare del tempo, a causa dei pettegolezzi di paese, le sorelle Napoli comprendono finalmente il motivo di questi strani atteggiamenti: difficilmente le persone sono disposte a lavorare e collaborare con un’azienda gestita da tre donne. Allo stesso tempo i clienti non erano ben disposti ad acquistare la merce da una società tutta al femminile.
Intimidazioni e provocazioni fronteggiate a testa alta
Il caso delle sorelle Napoli non si ferma soltanto ad un'antipatia pregiudizievole e discriminatoria locale, ma la loro vicenda si aggrava quando saltano fuori altri motivi, ben più gravi, di questo assurdo muro alzato contro di loro. La loro tenuta, circa 90 ettari di terreno coltivabile, fa gola a diversi clan mafiosi della zona. L'intento dei boss è quello di costringere le sorelle Napoli a vendere, e di andarsene per lasciare a disposizione dei mafiosi quell'appezzamento di terra così fertile e potenzialmente remunerativo. Le tre donne non si lasciano intimidire e con grande coraggio rifiutano la proposta della mafia siciliana. In seguito a queste loro decisione, i clan non hanno lesinato dispetti, minacce e atti intimidatori. Uno su tutti, il piano del bestiame selvatico, a quanto pare ben conosciuto e utilizzato anche dalla 'ndrangheta calabrese. È una pratica che prevede il danneggiamento dei recinti che delimitano una proprietà terriera, facendo in modo che mandrie di vacche brade la invadano, così da distruggere i raccolti. Risulta evidente come uno scherzo simile sia in grado di mandare in fumo i proventi e i guadagni di un'intera stagione. Un danno gravissimo, che avrebbe messo in ginocchio anche il più duro e forte imprenditore. Naturalmente, quando è stato chiaro a tutti che la mafia locale non vedeva di buon occhio l'azienda agricola delle sorelle Napoli, le tre donne hanno perso ulteriormente clienti, collaboratori e fornitori. L'omertà, evidentemente, è ancora un valore che molti credono di dover onorare.
Denunce mai prese in considerazione dalle autorità
L'aspetto più sconcertante della storia delle sorelle Napoli è il trattamento che lo Stato ha loro riservato. Le tre sorelle, in questi dodici anni di vessazioni e minacce, hanno sporto tantissime denunce presso le autorità competenti, ma sembrerebbe che a nessuno importasse. Per esempio, quando nel loro appezzamento di terreno furono scaraventate le vacche selvatiche, le autorità dichiararono di ignorare chi fossero i mandanti di tale scempio. Aggiungendo che il bestiame selvatico è sempre esistito e che è compito dei proprietari terrieri assicurarsi che le recinzioni siano messe a punto con dispositivi di sicurezza, proprio per evitare che questi inconvenienti accadano. La storia delle sorelle Napoli è diventata un caso nazionale, grazie all’aiuto di importanti programmi televisivi italiani.
La solidarietà arriva dalla gente comune
Quale è stata la reazione delle persone una volta che questa vicenda venne portata alla luce ? Da un lato, diversi imprenditori e personaggi influenti hanno dichiarato pubblicamente solidarietà alle sorelle Napoli, con promesse di aiuto sia in termini economici che di protezione. Per esempio, il Sindaco di Mezzojuso, Salvatore Giardina, messo alle strette ha proclamato che aprirà un vertice e un fascicolo d'indagine per risolvere definitivamente la questione. Il famoso imprenditore Giovanni Leonardo Damigella si è esposto pubblicamente, dimostrando solidarietà alle sorelle Napoli tramite i microfoni di La7. L’onlus "Un Raggio di Sole" ha regalato ad Irene, Ida e Anna una mietitrebbiatrice, affinché potessero continuare a lavorare.
Dall’altro lato, molti siciliani della zona di Corleone e Mezzojuso si sono dapprima scagliati contro le tre imprenditrici, successivamente durante l’intervista di Rita Dalla Chiesa, hanno affermato di essere al fianco delle tre sorelle. Questa dichiarazione ha lasciato Irene, Ina e Anna incredule, poiché l’appoggio che i compaesani hanno dichiarato in TV, non è mai stato percepito da loro.
La mafia agisce su chiunque, ma sulle donne si accanisce ancora di più?
Questa vicenda dovrebbe spingerci a porci alcune domande e a fare alcune riflessioni. Possibile che chi vive nei luoghi infestati dalla mafia non voglia combatterla ma assecondarla? Se le sorelle Napoli fossero stati tre fratelli, i clan mafiosi avrebbero ugualmente voluto a tutti i costi la loro azienda o li avrebbero lasciati lavorare in pace, come hanno fatto col signor Napoli per tanti anni? Nel 2018 noi donne siamo ancora così discriminate sul lavoro, un po' ovunque? È dunque vero che dobbiamo dimostrare il doppio per essere considerate almeno la metà? Forse sì, è ancora così!