Il lavoro è sempre più smart, produttivo ed inclusivo. Grazie alla tecnologia e alle soft skills.
E’ l’era dello Smart Working: il Lavoro Agile sta crescendo e a confermarlo sono i risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano secondo cui “in Italia oggi il 58% delle grandi imprese, il 24% delle PMI e il 9% delle PA lavora in questo modo”. A solo un anno dall’approvazione della Legge sul Lavoro Agile, è quindi possibile valutare i primi impatti delle nuove regole e procedure: “Per il 60% delle PA è risultata di stimolo, mentre ha avuto un impatto negativo per il 45% delle grandi imprese. Il numero degli Smart Worker cresce, arrivando a 480.000 e questi si sentono più motivati e soddisfatti rispetto agli altri lavoratori”. Viene definita una “nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Che cos’è lo Smart Working?
Si tratta di un nuovo e innovativo approccio al lavoro che si fonda su quattro fattori essenziali: la revisione della cultura organizzativa dell’azienda, la flessibilità rispetto a orari e luoghi di lavoro, la dotazione tecnologica e gli spazi fisici. Le attività lavorative vengono ripensate in un’ottica di autonomia e virtualità, scardinando così molte consuetudini aziendali e portando il lavoratore al raggiungimento di risultati con una maggiore soddisfazione. Alla base, naturalmente, devono esserci responsabilità e affidabilità per gestire al meglio, e far fruttare, “l’assenza di vincoli orari o spaziali, un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro”. Si tratta sicuramente di un una modalità che concilia vita - lavoro e al tempo stesso sostiene la crescita della produttività. Attenzione a non confondere o sostituire lo Smart Working con il Telelavoro, che ha norme contrattuali molto più rigide e che non gode della stessa flessibilità.
L’approccio “result-based” e i benefici per tutti
Risultati e non solo presenzialismo: questo significa fare Smart Working, una nuova organizzazione del lavoro con un approccio sempre "result-based". Un’azienda, o un Ente, per adottare un progetto di Smart Working dovrà necessariamente “rendere più flessibili i luoghi e gli orari di lavoro, sviluppare nuovi strumenti e competenze digitali, dotarsi della tecnologia adeguata per lavorare da remoto, diffondere modelli manageriali basati su autonomia e responsabilità dei lavoratori, diffondere una cultura orientata ai risultati”. Il Lavoro Agile non porta benefici solo al lavoratore ma anche all’azienda: oltre al miglioramento della produttività l’Osservatorio rileva “riduzione dell’assenteismo e riduzione dei costi per gli spazi fisici”. Al tempo stesso anche l'ambiente ringrazia: meno spostamenti per recarsi sul posto di lavoro significano meno emissioni inquinanti. “Per i lavoratori - spiegano - anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all'anno di spostamenti; per l'ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno”.
Settori in evoluzione
Come spiega Fiorella Crespi - Research Director HR Innovation Practice and Smart Working del Politecnico di Milano “tra le persone maggiormente coinvolte nei progetti di Smart Working vi sono coloro che lavorano nella funzione HR, IT e Marketing, mentre tra le aree che verranno coinvolte maggiormente nei prossimi mesi vi sono Amministrazione/Finanza/Controllo di Gestione, Facility Management e Acquisti. È interessante notare come però inizino ad essere inclusi nei progetti, in alcuni casi attraverso iniziative pilota ad hoc, anche alcune famiglie professionali che svolgono attività più operative come gli operatori di call center o i progettisti. Il modello di remote working utilizzato più di frequente dalle organizzazioni prevede 4 giorni al mese o, in casi più circoscritti, 8 giorni al mese. Sono ancora limitati e tipicamente riguardano i progetti più maturi i casi in cui non viene posto alcun limite; nelle realtà rimanenti sono scelti altri modelli (es. 6 giorni al mese) oppure si adottano modelli diversi in base alle caratteristiche delle attività svolte dalle persone. Sempre nei progetti di remote working, il numero di persone coinvolte varia a seconda della fase di maturità dell’iniziativa: nelle fasi iniziali di sperimentazione mediamente viene coinvolto circa il 10% dell’organico, selezionato tra i profili le cui attività svolte sono compatibili con il lavoro da remoto e che abbiano una dotazione tecnologica adeguata”.
Nuovi lavori digitali
Quella dello Smart Working, è a tutti gli effetti una realtà anche se, secondo l’Osservatorio, “sono ancora pochi i progetti di sistema che ripensano i modelli di organizzazione del lavoro e estendono a tutti i lavoratori flessibilità, autonomia e responsabilizzazione”. Tuttavia “i benefici economico-sociali potenziali sono enormi: l'adozione di un modello maturo di Smart Working per le imprese può produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi. I lavoratori che potrebbero fare Smart Working sono almeno 5 milioni, circa il 22% del totale degli occupati. Attualmente gli Smart Worker sono circa 480.000”.
Il lavoro remoto e le Digital Soft Skills
Una delle condizioni necessarie per permettere ai lavoratori di svolgere le proprie mansioni anche da remoto è la dotazione di strumenti tecnologici e lo sviluppo di competenze digitali. Come spiega Alessandra Gangai - Ricercatrice dell’Osservatorio Smart Working “affinché questo avvenga in modo efficace occorre agire contemporaneamente sullo sviluppo di competenze digitali, anche di natura soft e non legate ai singoli strumenti, che siano trasversali rispetto al profilo professionale di ciascuno. Lo sviluppo di competenze digitali è rilevante nelle organizzazioni, non solo perché contribuisce a rendere il lavoro più agile, ma anche perché, alla luce dell’impatto della digitalizzazione sui processi aziendali, è un requisito fondamentale per garantire l’employability delle persone nel medio-lungo periodo. Per comprendere il livello di rilevanza dello sviluppo delle Digital Soft Skill, la ricerca ha coinvolto i CIO e gli IT executive che sono tra gli attori aziendali maggiormente coinvolti nello sviluppo di queste competenze. Gli intervistati hanno evidenziato come la competenza prioritaria da sviluppare sia la capacità di ripensare prodotti, processi e attività lavorative utilizzando nuovi strumenti e canali digitali (58%) e la capacità di collaborare efficacemente in team virtuali e esercitando una leadership adeguata al contesto digitale (52%). A seguire la capacità di utilizzare efficacemente una vasta gamma di strumenti di comunicazione scegliendo il più adeguato in funzione della situazione (32%) e viene posta attenzione anche ai temi della sicurezza e alla capacità di utilizzare le diverse tecnologie in modo consapevole e prudente nel rispetto della salute, produttività ed equilibrio personale e degli altri (32%)”.
La legge sul Lavoro Agile
Forse ancora in pochi lo sanno, ma lo smart working in Italia è regolato da una Legge, la n.81 del 22 maggio 2017. La normativa regola di fatto diritti e doveri di smart worker e datori di lavoro, prendendo in considerazione diversi aspetti, quali l’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, la durata dell’accordo, gli strumenti tecnologici e le modalità con cui viene eseguita l'attività da remoto, il rispetto dei tempi di riposo, le modalità di recesso e il diritto alla disconnessione, un elemento quest’ultimo da non sottovalutare. In molti, infatti, credono che gli smart worker debbano in qualche modo essere sempre essere reperibili e il lavoratore stesso, talvolta, può incappare in questo errore. Fondamentale: i lavoratori che sottoscrivono un accordo di Smart Working sono tutelati in caso di infortuni e malattie professionali, sia per quelle prestazioni erogate all’interno dell’azienda che quelle eseguite all’esterno.
Se nell’arco di dieci anni è stato fatto tanto, ancora c'è molto da fare nella direzione dello Smart Working. L’esperienza delle aziende più mature di grandi dimensioni - sottolineano dall’Osservatorio - mostra come la vera posta in palio sia l’affermarsi di una filosofia manageriale basata più sui risultati che sul presenzialismo, capace di generare autonomia e responsabilità nelle persone, riconoscerne il merito e sviluppare i talenti verso l’innovazione e il cambiamento.
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