Il valore della diversità va riconosciuto e apprezzato sempre, ancora di più negli ambienti di lavoro
Diversità significa non solo inserire le donne in azienda, ma anche dar loro ruoli e responsabilità, integrarle e rispettarle. La diversità è un tema attualissimo che le aziende affrontano e talvolta cercano di risolvere con qualche inserimento di donna manager, ma non basta.
In realtà, la diversità è una questione culturale e come tale andrebbe affrontata alle sue origini.
Sin dall’infanzia, dalla giovinezza, il fatto di essere nati femmine o maschi ci offre opportunità differenti; i nostri genitori ci danno spesso insegnamenti diversi, ci assegnano ruoli diversi quando si tratta di aiutare in casa o scegliere un percorso di studi; personalità già ben marcate o comunque forti sono in grado di contrastare gli eventi con un proprio pensiero, ma restano comunque influenzate, seppur inconsciamente, da idee e posizionamenti altrui.
Fino all’ università tutto sommato il riconoscimento degli sforzi di ragazzi e ragazze è allineato; voti alti se studi duro, voti bassi se non sei preparato; il primo spartiacque è costituito dal mondo del lavoro, dove diversi trattamenti economici, diverse attese, diverse preoccupazioni sull’eventuale creazione di una famiglia futura occupano le menti di chi assume se si trova davanti un uomo o una donna.
In Italia questo tema è particolarmente sentito, perché la cultura della donna che può “contrarre un buon matrimonio” in alternativa a trovare un lavoro con cui mantenersi è ancora radicata; i consigli di molte nonne e mamme ancora tradiscono questo pensiero. Nel consigliare un ragazzo invece prevale la preoccupazione del mantenimento del nucleo famigliare, del lavoro che porti prospettive.
In mercati dove la cultura è diversa questo avviene meno, per esempio in Germania, Inghilterra, Nord Europa; è vero che con gli scambi culturali sempre più frequenti (Erasmus o anni all’estero durante il liceo), i nostri ragazzi hanno la possibilità di un confronto sempre più aperto con altre culture. Ma se poi scelgono di lavorare in Italia, la consapevolezza delle aziende è indietro di anni.
Il rispetto della diversità è anche nella parità di retribuzioni e posizioni manageriali
A parità di studi ed esperienza, le donne raggiungono posizioni manageriali simili diversi anni dopo gli uomini e la loro retribuzione è sensibilmente più bassa (salvo eccezioni). Serviranno ancora alcuni decenni per contrastare fortemente questa tendenza. Nel frattempo le famiglie andrebbero sensibilizzate a livello culturale perché si impegnino a trasmettere alle figlie e alle nipoti concetti di indipendenza, rispetto del proprio valore a prescindere dall’uomo che sceglieranno, ricerca del meglio per se stesse, cura dei propri talenti e impegno a crescere onorando le proprie capacità. Perché insegnino a stare nelle zone “non confort”, a superare i propri limiti, a non pensare che qualcun altro provvederà sempre a noi. Questa è la vera azione culturale, l’informazione data dalle madri, dalle nonne, l’esempio di chi è già in azienda e ci racconta la sua storia.
In parallelo serve un sistema che sostenga le famiglie che hanno figli perché la donna (e naturalmente anche l’uomo) possa davvero cogliere le opportunità che le si presentano, non trascurando gli impegni privati. Un sostegno sia economico sia strutturale, con asili nido in azienda e flessibilità del luogo di lavoro, per donne e uomini che devono occuparsi anche dei figli ancora piccoli. Senza tutto questo, la diversità resta un gesto meccanico, simbolico, non davvero sentito e preparato e voluto. Poiché non basta inserire le donne in azienda, bisogna poi dar loro ruoli e responsabilità, integrarle, rispettarle. Bisogna che si faccia strada una consapevolezza del valore delle donne anche nelle donne stesse, poiché alcune ancora non credono possibile che certi diritti spettino proprio a loro.