Imprenditrice determinata e donna coraggiosa, capace di raccogliere sfide difficili
“Ho fondato Hopenly nel 2014, la mia sfida imprenditoriale. Ho voluto un’azienda dove il metodo scientifico, mia grande passione, viene applicato al business. La mia tesi di laurea in psicologia fu una ricerca scientifica sulla memoria semantica.
Sono figlia di una donna imprenditrice per questo so cosa si prova a essere figli di una donna impegnata e così riesco a trovare compromessi con i sensi di colpa, che ogni tanto appaiono all’orizzonte. L’anno scorso ho festeggiato il mio compleanno e la festa del papà a Londra, con uno dei miei soci ad un convegno internazionale sui Big Data e Analytics. La domenica successiva abbiamo festeggiato tutto in famiglia, comprese le nuove idee per favorire la crescita di Hopenly.
I miei primi soci sono stati mio marito e i miei tre figli, che hanno accettato l’investimento economico, le vacanze low cost e il farsi le pulizie. Ora tifano per l’apertura di una sede a Londra, una città che apprezzano molto. Poco sanno di Dubai, ma quel che basta per pensare che in una piscina troverebbero il modo per aspettarmi.
Ho fondato l’azienda a seguito di un intervento importante, un aneurisma al cervello e una emorragia celebrale a maggio del 2012, quando a Modena, in tempo di terremoto tutto tremava. Ho tremato tanto anche io, ma il grande esempio e la forte determinazione nella ricostruzione mi hanno fatto pensare che potevo costruire un’azienda e creare occupazione, soprattutto giovanile.
1. Se si sbaglia nel trovare soci e collaboratori si commette un grave errore. Lei ha costituito una ricca squadra, come ha fatto per evitarlo?
I miei soci sono ex colleghi, non è stato uno spinoff, abbiamo lavorato in aziende diverse e poi ci siamo rincontrati. Aver già lavorato insieme significa conoscere pregi e difetti, anche se vivere da colleghi è diverso. Da imprenditori gli interessi economici, le aspettative e i sogni rendono le relazioni più complesse.
I collaboratori sono un argomento molto diverso. In questo anno ne abbiamo cambiati diversi: 3 sono andati all’estero, non siamo riusciti a trattenerli.
Puntiamo molto sulla formazione, sul confronto e sulle relazioni dirette. Cerchiamo di rimanere sempre interessanti e di evolverci costantemente, in modo da poter attrarre talenti. Mettiamo in conto che investendo sui giovani, un certo turn over sia fisiologico.
2. Quali sono ora le prospettive di crescita della sua startup e i prossimi investimenti? Ci può spiegare il percorso seguito e da seguire per l’accesso ai primi finanziamenti e ai nuovi capitali?
Gli obiettivi del 2018 sono il lancio di quattro prodotti e l’internazionalizzazione. I prodotti richiedono forti investimenti di marketing. L’internazionalizzazione in viaggi. Puntiamo anche alla crescita di persone all’interno del nostro team e quindi in convegni, formazione ed eventi. Gli investimenti iniziali sono stati quelli che gli americani chiamano 2F- Family and Friends, anche se la family ci ha messo i soldi, mentre i friends opportunità di collaborazioni, consigli, suggerimenti e contatti.
Nel corso degli anni abbiamo partecipato quattro volte al bando promosso dalla Regione Emilia Romagna “"Bando per il sostegno alla creazione e al consolidamento di start up innovative”, ma siamo stati esclusi dai finanziamenti. Recentemente abbiamo partecipato al bando “Promozione export e internazionalizzazione intelligente”, per ottenere un sostegno al nostro progetto di internazionalizzazione, ma ancora una volta non ci siamo classificati nelle posizioni ammesse al finanziamento. Per finanziare la crescita dell’azienda, abbiamo dovuto richiedere un mutuo: fortunatamente il business plan è stato convincente e ce lo hanno concesso.
3. Quale ruolo ha il marketing nello sviluppo della sua azienda e in che proporzione investe in quest’area?
La comunicazione e il marketing sono fondamentali per far conoscere una nuova azienda e quello che fa. Nell’innovazione e in un ambito poco conosciuto come il nostro, che richiede grande capacità di astrazione o conoscenze statistico/matematiche unite a tecnologie nuove, è cruciale saper semplificare, rendere gradevoli e accattivanti concetti complessi. Abbiamo scelto di produrre in casa il materiale: realizziamo a mano le presentazioni, produciamo contenuti informativi accompagnati da simpatiche illustrazioni.
Se spieghiamo a qualcuno cosa ci serve, quando il lavoro è terminato ormai è obsoleto. Scegliamo come rappresentare i concetti. E’ un lungo e non facile lavoro che ci sta premiando. Cambiamo appena è necessario, i costi non sono bassi, ma ne vale la pena. Questo stile ormai ci caratterizza.
4. Qual è il vostro core business in Hopenly al momento?
Il nostro core business è la Data Science. Forniamo consulenza, formazione, facciamo progetti e realizziamo tool innovativi che utilizzano advanced analytics, tecniche di machine learning e intelligenza artificiale per aziende operanti in diversi ambiti: bancario, assicurativo, sanitario, manifatturiero, retail, ma anche alle singole funzioni aziendali come comunicazione e marketing, vendite, risorse umane.
Tra qualche mese lanceremo i nostri prodotti per il mercato italiano, poi puntiamo a venderli anche all’estero, tutti sono in lingua italiana e inglese. Sono prodotti che utilizzano gli algoritmi, sono un modo economico e veloce di migliorare il lavoro delle funzioni aziendali, personalizzabili anche in base alle richieste specifiche del cliente.
5. Suggerirebbe ad altre donne di buttarsi nel settore? Quali consigli può dare a quante volessero entrarvi? Come formarsi e a chi affidarsi per muovere i primi passi?
Io e i miei soci crediamo molto nelle diversità e riteniamo che nel nostro settore sia fondamentale. La squadra deve essere eterogenea per poter leggere la realtà da più punti di vista e avere idee diverse. Consiglio di collaborare con persone diverse, uomini, donne, con percorsi scolastici diversi e provenienti da paesi diversi, per poter essere creativi e originali nello sviluppo di nuove soluzioni.
Le uniche cose che accomunano noi soci sono l’essere genitori ed essere quarantenni! Credo che l’eterogeneità dia un grande vantaggio competitivo.
Consiglio alle donne di pensare fin da subito ad avere una squadra eterogenea, soprattutto con competenze diverse.
Ho seguito molti corsi in un incubatore di startup: dal business plan, al business model e ho avuto l’opportunità di partecipare ad un viaggio di 10 giorni a San Francisco, che mi ha veramente insegnato tanto.
Il consiglio è “Essere curiose”. Non abbiate paura di immergervi in ambiti differenti tra loro: uno dei miei soci mi ha insegnato il linguaggio di programmazione HTML, ho imparato come funziona il machine learning, ho seguito corsi di sketchnoting e di scrittura!
Questo mondo richiede varie conoscenze e competenze, consiglio di avere apertura mentale e interesse verso ciò che non si conosce, non si smette mai di imparare, neanche a 40 anni.
6. E’ probabile che lei abbia un marito illuminato che comprende la moglie, sicuramente molto impegnata in azienda, benché con tre figli. E’ così? Quali le regole prioritarie che vi siete dati?
Io e mio marito ci siamo conosciuti all’Università, lo studio e la ricerca sono sempre stati importanti per entrambi. Mio marito è laureato in fisica, come molti dei miei colleghi. Insegna, anche lui sta bene con i giovani e ama divulgare il sapere. I figli li condividiamo con i miei genitori: taxisti e cuochi perfetti. Perché, non l’ho ancora detto, i miei secondi soci sono stati i miei genitori, che passano per un saluto ai ragazzi dell’ufficio.
Penso di vivere in una famiglia di persone che amano vedere brillare gli altri di luce propria. La cosa più importante che io e mio marito condividiamo nell’educazione dei nostri figli è che possano studiare e vivere ciò che li appassiona.
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